In occasione degli ottant’anni di Elio Armano, il Museo Archeologico di Padova ha ospitato, fino al 6 aprile 2025, la mostra dedicata a uno degli scultori più influenti del panorama contemporaneo.
La terra, nella sua essenza più pura, si fa arte nelle mani di Elio Armano (Padova, 1945). Terrestre non è solo il materiale da cui prende vita la sua scultura, ma è anche la radice profonda di un impegno civile e artistico che attraversa decenni di ricerca e innovazione. Nella mostra antologica curata da Stefano Annibaletto e Francesca Veronese, la terracotta diventa il filo rosso di un dialogo tra passato e presente che si rinnova nelle sale del Museo Archeologico di Padova.
Ogni opera di Armano è un pezzo di terra che racconta storie e che rivela una scultura che non è solo forma, ma un atto di riflessione sociale e politica. Tra i reperti archeologici, le sue creazioni emergono non come mere copie del passato, ma come interpretazioni moderne, piene di significato e di vita.
LA MOSTRA DI ELIO ARMANO A PADOVA
Il percorso espositivo si è sviluppato nelle sale del Museo Eremitani, dove le sculture di Armano si sono integrate armoniosamente con il contesto archeologico in cui erano inserite. I suoi lavori in terracotta, che evocano la tradizione artigianale, si relazionavano ai reperti antichi, creando connessioni visive e concettuali tra epoche diverse.
La mostra ha ripercorso l’evoluzione artistica dello scultore, attraverso una selezione di opere appartenenti alle diverse fasi della sua ricerca artistica. Tra le più significative compaiono i Giardini in scatola realizzati negli anni Settanta del secolo scorso, piccoli paesaggi racchiusi all’interno di scatole prospettiche ispirate alla pittura di Francis Bacon. Giunti alla Sala dei Mosaici, si incontravano le Teste forate e i Bottoni cosmici, opere che si muovono sul confine tra figurazione e astrazione, esplorando temi legati all’identità, alla percezione e alla relazione uomo-universo.
LA SCULTURA SECONDO ELIO ARMANO
L’installazione che accostava le opere di Armano alla statuetta mesopotamica di Uruk (IV millennio a. C.) esaltava la scultura come un linguaggio senza tempo, capace di accomunare gli interventi dell’artista contemporaneo e le preziose testimonianze archeologiche.
Il lavoro di Armano rispecchia la sua apertura verso diverse tradizioni artistiche, dalla scultura africana e precolombiana al vocabolario plastico di Henry Moore. Le sue opere non sono mai semplici oggetti estetici, ma veicoli di un messaggio sociale e politico, che affonda le radici in una dimensione civile e pubblica, come dimostra la sua visione della scultura quale parte integrante dell’ambiente urbano.
Valeria Eneide
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