Il Brolo, Centro d’Arte e Cultura della città di Mogliano Veneto, inaugura la sua stagione espositiva con la mostra antologica dell’artista bosniaco Safet Zec, visitabile fino al 18 maggio 2025. Un’esplorazione pittorica dei temi legati all’esodo, all’abbandono e alla speranza.
Incluso fra gli artisti del Padiglione Venezia alla 60. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia nel 2024, Safet Zec approda negli spazi del Brolo Centro d’Arte e Cultura a Mogliano Veneto con un corpus di ventiquattro lavori che ripercorrono le tappe della sua vita e della sua carriera.
La storia dell’artista inizia a Rogatica (Bosnia-Erzegovina), dove nasce nel 1943. Dopo essersi formato all’Accademia di Belle Arti di Belgrado, avvia la sua carriera nell’ex Jugoslavia, affermandosi come pittore e incisore. A causa della guerra scoppiata nel 1992 è però costretto a lasciare la sua terra e a fuggire in Italia, dapprima a Udine e poi, nel 1998, a Venezia, città che segna la sua rinascita artistica, come testimoniato dalle oltre cento mostre realizzate fino a oggi tra Europa e Stati Uniti.
LA MOSTRA DI SAFET ZEC A MOGLIANO VENETO
La mostra, curata da Angelo Zennaro e intitolata Le anime e i corpi, riflette il percorso artistico e personale di Zec: grandi tele, collage a tecniche miste e incisioni si articolano lungo i due piani dello spazio espositivo del Comune di Mogliano Veneto. Il tema centrale attorno a cui si sviluppa l’esposizione è quello della fuga dell’artista dal paese natale, un gesto che da personale si traduce in universale, facendosi testimonianza del dolore e della brutalità causata dalle guerre. Lo stesso Zec, in una frase riportata nel catalogo della mostra, rammenta: “Vorrei ricordare di essere stato un profugo, un uomo che ha dovuto abbandonare il paese che amava, il paese dove è nato, vissuto, si è istruito, ha studiato… paese dilaniato dalla guerra e dai nazionalismi”.
Una riflessione dolorosa presente nelle sue opere sotto forma di grovigli di mani intrecciate che sfiorano anime e corpi che si abbracciano e si abbandonano gli uni agli altri, diventando il racconto di una tragedia attuale.
Massimo esponente del Realismo poetico, Zec crea rappresentazioni laiche intrise di spiritualità, denunce silenziose ma radicali che mostrano la fragilità di chi è costretto a lasciare tutto ciò che conosce e ama per partire verso l’ignoto. L’opera Abbraccio (2000) sintetizza questi aspetti, avendo come protagonisti due soggetti che, vestiti di bianco e macchiati di rosso, con i capi chini, si stringono e si fondono in un abbraccio che racchiude dolore ma che infonde speranza. La poetica dell’abbandono è connessa a quella della fuga: abiti appesi nell’armadio, portoni serrati con catenacci e cibo non consumato sono segni lasciati da chi non c’è più, pezzi di vita vissuta da anime invisibili che, con un po’ di fortuna, cercano rifugio altrove, seminando ricordi.
LE OPERE DI SAFET ZEC NEGLI SPAZI DEL BROLO
Come tanti frammenti di vita, in mostra spiccano i soggetti cari all’ artista, articolati in opere che raccontano paesaggi visti fuori dalla finestra, oggetti di uso quotidiano, tavoli da lavoro nei diversi atelier, figure femminili angeliche. A riprova che la vita ricomincia anche dopo l’esodo e l’abbandono, Zec dedica alcune opere a un luogo a cui è molto legato, il suo studio veneziano, che ritrae in lavori come Tavolo con colori (2009), in cui pennelli, barattoli, colori, bottiglie e altri oggetti del mestiere sono caratterizzati da una pittura densa e corposa, che definisce il dettaglio avvolgendo le forme e caricandosi di materia. L’isola che lo vedrà riaffermarsi come artista di fama internazionale diventerà così la sua seconda patria, a cui dedicherà opere quali Porta veneziana con numero (2018).
“Profondamente etica e profetica, perché assolutamente laica e pur intensamente religiosa”, come la definisce fra le pagine del catalogo lo storico dell’arte Giandomenico Romanelli, l’arte di Safet Zec è capace di tradurre ogni momento della sua vita, soprattutto il più doloroso, in forme, colori e composizioni che invitano a guardare il mondo di oggi con occhi nuovi, trovando speranza anche nelle avversità.
Laura Ferrone



