Pirelli HangarBicocca riunisce il più grande corpus di slideshow mai presentato nella prima retrospettiva dedicata a Nan Goldin non solo come fotografa, ma come artista multimediale. Fino al 15 febbraio 2026, otto opere in forma di slideshow e un’installazione sonora inedita occupano lo spazio delle Navate grazie ad architetture ideate per rendere l’esperienza di visita ancora più coinvolgente.
A cura di Roberta Tenconi con Lucia Aspesi, e con le strutture architettoniche progettate da Hala Wardé, This Will Not End Well, allestita presso l’HangarBicocca di Milano, ritrae intimamente, attraverso slideshow composti da fotogrammi, la joie de vivre e le relazioni di Nan Goldin (Washington D.C.,1953). La mostra, organizzata da grandi realtà museali europee, è parte del tour a cura di Fredrik Liew, già ospite del Moderna Museet di Stoccolma, dello Stedelijk Museum di Amsterdam, della Neue Nationalgalerie di Berlino e che proseguirà verso il Grand Palais di Parigi.
A Milano l’esposizione si distingue per l’aggiunta di due slideshow, You Never Did Anything Wrong (2024) e Stendhal Syndrome (2024), e per l’installazione sonora Bleeding, realizzata appositamente da Soundwalk Collective. L’intervento raccoglie le registrazioni ambientali delle precedenti esposizioni di This Will Not End Well, scomposti in frammenti e ricomposti in un loop che accompagna il pubblico durante la visita.
LA MOSTRA DI NAN GOLDIN A MILANO
L’esposizione è studiata nel dettaglio, le architetture delineano ambienti intimi che consentono di assistere a ogni slideshow in uno spazio a sé, privato. Quello creato da Wardé, citando quanto scritto dalla stessa architetta nel catalogo dell’esposizione, è un villaggio fatto di “strutture visibili che si esprimono come corpi vivi, […] come strumenti di un’orchestra che suonano all’unisono”. Per questo, ciascuna struttura è specificatamente ideata in base al soggetto dello slideshow proiettato al suo interno e ciascuna composizione architettonica è studiata per il museo nel quale sarà allestita. Da tale aspetto emerge una curatela collaborativa, che affonda le radici nel dialogo tra lo spazio, l’artista, l’architettura e la mostra stessa.

LE OPERE IN MOSTRA ALL’HANGARBICOCCA
This Will Not End Well è una retrospettiva e la scelta delle opere costituisce la perfetta sintesi del lavoro dell’artista, la quale fin dagli esordi ha saputo documentare, attraverso la fotografia, il proprio universo di relazioni e denunciare le urgenze del presente. Un quadro completo che riassume i momenti di un’evoluzione non solo artistica ma vitale. Attraverso migliaia di fotogrammi, evoca la tenerezza e la purezza di un punto di vista che spinge alla nostalgia.
Ad aprire la mostra è lo slideshow di The Ballad of Sexual Dependency (1981-2022), opera più celebre dell’artista che raccoglie momenti di vita e ritratti dei suoi affetti più cari. In continua evoluzione, il lavoro è costantemente aggiornato e rieditato, non risultando mai uguale all’esposizione precedente. Memory Lost (2019-2021) offre una narrazione commovente sull’astinenza: Nan Goldin sembra affezionata a tutto e fa affezionare a tutto anche lo spettatore. Sirens (2019-2020) documenta il piacere indotto dalle droghe con un montaggio di immagini tratte da altre fonti che omaggia la top model Donyale Luna morta nel 1979 per un’overdose di eroina.

In Fire Leap (2010-2022) Nan Goldin ritrae figliocci e figli di amiche e amici, scandendo la narrazione con canzoni intonate da bambini. The Other Side (1992-2021) dà visibilità a chi non ne ha, facendo riferimento all’omonimo locale queer di Boston negli anni Settanta, mentre Stendhal Syndrome (2024) giustappone opere rinascimentali alle relazioni intime dell’artista. Nell’ultima struttura progettata da Wardé, You Never Did Anything Wrong (2024) descrive metaforicamente l’abitare sulla Terra attraverso soggetti animali. Infine, nello spazio del “Cubo” di Pirelli HangarBicocca, va in scena Sisters, Saints, Sibyls (2004-2022), che mescola tre storie raccontate su altrettanti schermi, in un maestoso allestimento ispirato alla commissione originaria del progetto, pensato per la Cappella dell’Ospedale della Salpêtrière di Parigi nel 2004.
IL LINGUAGGIO ARTISTICO DI NAN GOLDIN
This Will Not End Well parla la lingua dell’attivismo vero, sentito, di chi ha lottato tutta la vita per qualcosa. È l’ultima parola di chi crede che possa finire bene, è la voce di chi ha ancora speranza quando tutto sembra andare male. Nan Goldin in mostra parla apertamente di Palestina e di P.A.I.N. (Prescription Addiction Intervention Now), gruppo d’azione fondato dall’artista nel 2017 in risposta alla crisi degli oppioidi e menzionato nei ringraziamenti al termine di Memory Lost.
L’artista racconta di sé, dei suoi rapporti e di tutto ciò che la circonda. Soggetto delle immagini è l’umano nel suo essere totalmente umano, anche se invisibile, anche se dimenticato. La mostra allena l’empatia, porta ad amare e provare tenerezza anche nella sofferenza. This Will Not End Well è un lunghissimo e intimo video-ricordo: anche se non dovesse finire bene, Nan Goldin ci ricorda come la fotografia sia ancora viva.
Rebecca Canavesi








