“Vivo con le opere, le abito, le ammiro”. Il collezionismo secondo Silvia Fiorucci

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Imprenditrice e collezionista d’arte contemporanea e di design, Silvia Fiorucci, inseguendo la sua forte passione per le arti, fonda nel 2018 la Società delle Api, un’organizzazione non profit indipendente che crea punti di contatto fra le diverse discipline e promuove la collaborazione fra artisti, architetti, designer e pensatori, invitati a sviluppare i loro progetti di ricerca in maniera sinergica. Ne abbiamo parlato con lei.

Grasse, Roma, Megève, Kastellorizo, Monaco e anche Venezia. Sono i luoghi in cui “agisce” la Società delle Api, diventata un punto di riferimento per artisti, designer e creativi interessati alle dinamiche della condivisione e del dialogo attraverso un denso programma di mostre, workshop, residenze, senza dimenticare le pubblicazioni. Ecco cosa ci ha raccontato la fondatrice Silvia Fiorucci.

Nel suo approccio all’arte e al collezionismo, quale ruolo hanno avuto la sua storia familiare e il fatto di essere cresciuta con un padre che, oltre a essere un collezionista, ha saputo coniugare arte contemporanea e moda?
Mio padre è stato un grande imprenditore, alla guida della Fiorucci Spa, ma soprattutto un appassionato collezionista di arte classica e antiquariato. Non si è mai occupato di moda, come spesso si crede erroneamente. Il suo collezionismo ha però educato me e la mia famiglia alla bellezza e all’arte. La sua determinazione e la sua passione mi hanno ispirata a trovare un mio percorso personale, che si è orientato verso il contemporaneo. Il mio rapporto con l’arte va ben oltre l’oggetto: è fatto di relazioni vive con gli artisti. Da questo desiderio è nata la Società̀ delle Api, uno spazio in cui condividere il processo creativo, immergermi in esso e farne parte attivamente. Per me questo è fonte di arricchimento intellettuale e umano.

Quali criteri adotta nella ricerca di artisti e designer emergenti che sceglie di supportare e promuovere attraverso la Società̀ delle Api?
Mi lascio guidare da una forma di empatia che nasce dal rapporto con l’opera: la sua estetica, l’armonia che suscita e, nel caso del design, anche la sua funzionalità̀. La mia collezione è parte del mio quotidiano: vivo con le opere, le abito, le ammiro. Questo aspetto del vivere quotidiano è un criterio fondamentale per me. Ma il mio interesse va oltre. Come accennavo, per me è centrale costruire relazioni con gli artisti: dialoghi veri, che spesso sfociano in amicizie durature. La Società̀ delle Api è nata proprio da questa esigenza: è una rete, una piattaforma in continuo divenire, un ambiente fertile per la nascita di nuovi pensieri e visioni condivise.

Com’è nata l’idea della Società̀ delle Api? Qual è la sua mission e quali sono i suoi obiettivi?
Dopo anni di collezionismo, ho sentito il bisogno di costruire qualcosa che andasse oltre il semplice supporto all’arte secondo modelli tradizionali. Volevo creare un ecosistema che non fosse gerarchico, ma orizzontale, vivo, dove io fossi parte, non vertice. Il nome stesso ‒ Società̀ delle Api ‒ allude a questa idea di comunità̀ operosa, interconnessa. L’obiettivo è coltivare relazioni, creare momenti di condivisione che generino vita e conoscenza. Le residenze in questo sono centrali: ogni artista invitato può̀ portare con sé un ospite, contribuendo a un processo organico di scambio e contaminazione culturale. Non si richiede una produzione specifica, ma una partecipazione al flusso creativo. Volevo anche colmare un vuoto: restituire centralità̀ al processo creativo, non solo all’opera finita. Il nostro desiderio è di condividere con il pubblico questa fase effimera, in cui tutto nasce e si trasforma.

ORIGINI E OBIETTIVI DELLA SOCIETÀ DELLE API

Della Società̀ delle Api colpisce il fatto di essere una sorta di grande rete che riunisce artisti, designer e collezionisti. Come si sviluppano questi rapporti? Com’è riuscita a creare queste sinergie e questo senso di comunità̀?
I legami nascono in modo naturale, grazie a formati che favoriscono l’ospitalità̀ e la condivisione: residenze, workshop, talk, mostre, pubblicazioni. Le residenze, in particolare, permettono agli artisti di vivere uno spazio senza l’obbligo di produrre, e l’invito a portare un ospite estende in modo spontaneo la rete. Anche i formati legati al design – come 5Rooms e 4Rooms – sono occasioni di co-creazione: mettono in dialogo designer, artigiani e produttori locali. Nel mio percorso ho imparato ad accogliere con curiosità̀ persone, idee ed esperienze. Mi lascio guidare dalla fiducia negli altri e nel valore autentico delle relazioni umane.

Per lei è importante conoscere gli artisti che colleziona? Se sì, quale legame instaura con loro?
Assolutamente sì. È proprio il desiderio di relazione che mi ha spinto verso il contemporaneo. Ho bisogno del dialogo con gli artisti, della prospettiva che offrono sulla realtà̀. I rapporti che cerco sono prima di tutto umani, basati sull’ascolto, sulla fiducia, su uno scambio reciproco. La Società̀ delle Api mi permette di scoprire nuovi artisti attraverso canali più̀ intimi: i curatori che invito propongono talenti che posso conoscere in contesti informali, dove il legame nasce spontaneamente. Il mio collezionismo riflette questo approccio, fatto di continuità̀ e presenza nei percorsi degli artisti che sostengo.

Il suo approccio al collezionismo ha anche una valenza sociale, politica?
Non ho l’ambizione di pensare che il mio operare possa avere una funzione sociale o politica e sono cosciente del contesto in cui opero e dei privilegi di cui godo. Alcuni progetti che ho sostenuto hanno avuto naturalmente delle ricadute sociali, come Spazio Immaginato, un progetto nato in collaborazione con NERO e l’associazione Closer nella Casa di Reclusione Femminile della Giudecca a Venezia. Non è però una missione politica a guidarmi, ma una volontà̀ di restituzione e di attenzione alla dimensione collettiva della cultura.

ARTE E CURATELA NELLA SOCIETÀ DELLE API

Lei lavora a stretto contatto con molti curatori, con i quali spesso instaura collaborazioni durature. Che cosa ricerca in queste figure e cosa si aspetta da loro?
Sono figure fondamentali, che costruiscono ponti tra artisti, collezionisti e pubblico. Ho un rispetto profondo per chi svolge questo ruolo. Questo vale anche per figure come i galleristi. Con molti di loro ho relazioni di lunga data: conoscono la mia sensibilità̀ e mi aiutano a entrare in contatto con artisti e linguaggi che altrimenti forse non raggiungerei. Per me sono agenti di attivazione, capaci di stimolare la mia immaginazione e ampliare i miei orizzonti.

Monaco, Grasse, Roma, Kastellorizo, Megève e anche Venezia: sono tanti i luoghi in cui la Società̀ delle Api mette in campo le sue attività̀. Ci racconta meglio come si articolano i vari progetti che ha realizzato?
Sono tutti luoghi che per me significano “casa”, anche se non in senso sedentario. Riflettono il mio modo di vivere dinamico, mediterraneo, aperto. In ognuno ho creato spazi di ospitalità̀ e creazione, veri e propri laboratori dove si sperimentano nuovi formati e si sviluppano nuove connessioni. Ogni luogo ha una sua identità̀, ma tutti rispondono a un unico desiderio: generare contesti in cui le relazioni possano fiorire.

Secondo il suo punto di vista, quale responsabilità̀ ha un collezionista nei confronti degli artisti e del pubblico?
È una responsabilità̀ grande: verso gli artisti, significa sostenere i loro percorsi nel tempo, custodendoli con cura e documentandoli; verso il pubblico, significa creare occasioni per condividere le opere, farle vivere fuori dalla sfera privata. Credo che ogni opera nasca per dialogare con il mondo. Un esempio recente è la collaborazione con La Gaya Scienza a Nizza, dove la mia collezione è stata messa a disposizione di studenti per una mostra. È un modo per ridare all’arte il suo potenziale sociale, rendendola accessibile e viva.

Come immagina il futuro della sua collezione?
In evoluzione costante. Dare una definizione oggi significherebbe fissarla, e questo non mi interessa. Voglio continuare a essere sorpresa da ciò̀ che potrà̀ diventare, da chi e cosa mi farà incontrare e da come saprà̀ farmi crescere ancora. La collezione è un organismo vivo: mi accompagna, si trasforma con me e oltre me.

Martina Giagnolini

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  • A minimalistic installation with sculptural vases and marble interiors, designed by Julie Richoz for 4Rooms Design
  • A colorful, immersive installation blending art and design, created by Superpoly for 4Rooms Design on the island of Kastellorizo
  • A minimalistic installation with sculptural vases and marble interiors, designed by Julie Richoz for 4Rooms Design
  • A woman weaving natural fibers at a wooden table under trees, part of Rodriguez’s process during Midsummer Daydream
  • An immersive design installation blending sculptural elements and functional objects, created by Und Studio for 4Rooms Design on the island of Kastellorizo.
  • Installation view of Libreria delle Api, featuring a mobile bookshelf, hanging monitors, and a padded purple structure on wheels, set within a richly decorated frescoed room. Photo by Pierre Morel, Venice, 2025.
  • A cozy exhibition setting with books, posters, and soft natural light, capturing the presentation of Libreria delle Api in Venice
  • A vibrant and eclectic art installation capturing nostalgia and futurism, exhibited in Nice by the collective La Gayascienza.
  • An artist working outdoors on a stone wall installation surrounded by greenery, captured during the Midsummer Daydream residency.
  • Portrait of three smiling women seated indoors on pink marble-like stools, holding colored glass cups. The scene is warm and casual. Photo by Pierre Morel, taken during Libreria delle Api by Fiorucci Colmignoli, Venice, 2025.
  • A woman seated in a designer chair in a stylish interior, surrounded by contemporary art and sculpture, appearing relaxed and at ease
  • Close-up view of a person wearing a tracksuit with visible tattoos on their hands holding a handwritten note. A rosary with a cross hangs from their jacket. Photo by Francisco de Figueiredo, from Imaginary Palace, part of NERO Closer, 2024.