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Fino al 4 marzo 2025, le Sale Dom Pérignon di Ca’ Pesaro ‒ Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Venezia hanno ospitato “Scultura lingua morta”, la mostra incentrata sul dialogo fra Giorgio Andreotta Calò e la città, partendo dalle riflessioni di Arturo Martini. Con una selezione di opere che attraversano oltre vent’anni di carriera, l’esposizione era un invito a riflettere sulla scultura come traccia viva, fatta di memoria e materia.
Ha innescato una estesa riflessione sulla materia, in relazione allo spazio che l’ha accolta e l’ha generata, la piccola ma preziosa mostra di Giorgio Andreotta Calò (Venezia, 1979) nelle Sale Dom Pérignon di Ca’ Pesaro – Galleria Internazionale d’Arte Moderna a Venezia. Curata da Elisabetta Barisoni, l’esposizione si rifà al celebre testo di Arturo Martini La scultura lingua morta, pubblicato a Venezia nel 1945. Una tormentata dichiarazione che attacca in modo radicale la scultura, mettendo in dubbio la possibilità che essa possa essere salvifica e universale. Dal fitto e intimo interrogarsi di Arturo Martini è nato un dialogo, un tête-à-tête, tra Giorgio Andreotta Calò e la sua città natale. Venezia si configura come un serbatoio di stimoli visivi e sonori e attraversamenti cadenzati ai quali fare ritorno. Il dialogo mette in luce la plasticità e la fisicità di Venezia, guidandoci nel cuore della lingua morta, un percorso costellato dei lavori di Andreotta Calò realizzati nell’arco di vent’anni.
GIORGIO ANDREOTTA CALÒ A VENEZIA
La prima opera si incontra quasi per caso: è Medusa, uno degli esemplari della vasta serie prodotta dall’artista, entrata a far parte della collezione civica di Ca’ Pesaro grazie al Piano per l’Arte Contemporanea (PAC2021). Concepita come un’opera “sbagliata”, è stata rivista e rimaneggiata più volte. Oggi è posizionata in un angolo luminoso, lungo il pianerottolo del primo piano del museo. Giorgio Andreotta Calò la descrive come “giustamente brutale”, paragonandola all’andamento mobile e storto del palazzo.
Dopo aver salito qualche gradino, la prima delle Sale Dom Pérignon di Ca’ Pesaro, volutamente buia, intima, ha ospitato un esemplare inedito della serie Medusa (soggetto a molto caro all’artista), posto in dialogo con la nota Testa di Medusa (1929) di Martini. Le due teste, tondeggianti e imponenti, poggiavano su un basamento bianco, il cui termine ea un pannello specchiato nel quale le due sculture si riflettevano a trecentosessanta gradi, il tutto amplificato dall’illuminazione soffusa, quasi tetra.
LA MOSTRA DI GIORGIO ANDREOTTA CALÒ A CA’ PESARO
Nella seconda sala, affacciata sul Canal Grande, attraverso le celebri Clessidre, Pinne Nobilis e Carotaggi, Calò ha scandagliato la storia del palazzo e dei vari cambiamenti strutturali che lo hanno caratterizzato.
Sul pavimento, invece, si potevano ammirare i Carotaggi, risultato delle indagini effettuate dai professionisti dei Lavori Pubblici del Comune di Venezia proprio sulla facciata di Ca’ Pesaro. La serie Pinna Nobilis, invece, prende il nome dall’omonimo mollusco la cui sopravvivenza è ormai a rischio. Simili a conchiglie, questi lavori erano posizionati e sparsi nella stanza, ma anche all’esterno, sul balconcino di una finestra. Ricordano un bozzolo che si schiude e sono un omaggio a Venezia, la città madre dell’artista.
Infine, le imponenti Clessidre, di cui erano esposti diversi modelli realizzati tra il 2017 e il 2022, evocano l’unione tra l’arte di Giorgio Andreotta Calò, la sua città e lo spazio. La loro forma è quella dei tronchi della laguna, conficcati nell’acqua e corrosi dal tempo e dal ritmo delle onde.
A fare da cornice a questo rapporto viscerale con Venezia, sui muri dell’ultima sala, si trovavano ricerche, disegni e tracce di campagne fotografiche delle collezioni di Ca’ Pesaro, riflessioni e intrecci di una storia che si fonde con le opere di Calò, grazie alla collaborazione con il giovane collettivo veneziano Ipercubo (Nicolò Brunetta, Matteo Rattini, Stefano Stoppa ed Erica Toffanin), impegnato nella produzione e nella curatela di progetti artistici relativi al publishing.
Zita Alberti




