Daria Dmytrenko, l’artista che attraverso il ricordo racconta se stessa 

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Liberare l’inconscio e non temere i propri abissi: sono questi gli intenti alla base della pittura di Daria Dmytrenko, artista ucraina ora a Venezia. Abbiamo approfondito insieme a lei la sua poetica e le ragioni di una ricerca che fa leva sull’interiorità. 

Daria Dmytrenko nasce nel 1993 in Ucraina, a Dnipropetrovsk, dove avvia la sua formazione. Tra il 2012 e il 2015, frequenta alcuni corsi di pittura presso l’Accademia Nazionale di Arti Visive e Architettura a Kiev e nel 2021 si diploma all’Accademia di Belle Arti di Venezia, città dove tutt’ora vive e lavora.  
L’artista, attraverso il suo subconscio, crea forme libere che rispecchiano il proprio mondo interiore. Grazie all’uso della tecnica a olio, infatti, realizza figure mitologiche per far emergere i ricordi più profondi.  
Oltre alla recente mostra personale Journey to the center of the mind negli spazi parigini della Stems Gallery, nel 2022 Dmytrenko ha partecipato a diverse mostre collettive, tra cui Upon a Time alla galleria Eduardo Secci di Firenze e Fluuuuuido da Cassina Projects a Milano. 

PAROLA A DARIA DMYTRENKO 

Qual è stato il percorso che ti ha portato a diventare artista e quali sono state le motivazioni che ti hanno spinto a intraprendere questa strada?  
Non c’è un momento esatto in cui ho deciso che sarei diventata artista, è stato molto naturale. Ho iniziato a disegnare a quattro anni grazie a un corso di pittura, poi ho affinato la tecnica grazie agli insegnamenti accademici, e soltanto in seguito, una volta arrivata in Italia, ho scoperto il mio metodo e ho iniziato a dipingere liberando la mente, senza una imposizione di giusto e sbagliato.  

Durante un’intervista, hai parlato delle tue opere come manifestazioni del tuo sé interiore. Quale di esse ti rappresenta di più e perché?  
Non c’è un dipinto che mi rappresenta di più, ma tengo maggiormente a quelli che mi hanno permesso di capire qualcosa di me stessa. Qui in studio, per esempio, ho un piccolo dipinto incorniciato, è un ritratto, la testa di una fauna: è stato uno dei primissimi in cui ho iniziato a lavorare con il mio subconscio. Lo tengo qui in studio per ricordarmi quel momento.  

Credi che il subconscio che si manifesta nei tuoi dipinti possa essere realmente compreso da chi li osserva?  
I miei dipinti son tutti personali, ma penso che ognuno possa trovare qualcosa che rispecchia anche il suo subconscio. Alla fine siamo tutti umani e abbiamo tutti paure, infatti ho incontrato persone che hanno trovato qualcosa di familiare nei miei dipinti e me l’hanno detto. 

Qual è il ricordo che emerge più spesso dalle tue opere?  
Non c’è un ricordo specifico, ma noto che tutti i miei individui sono parzialmente o completamente pelosi, e questa pelosità si ripete perché è un’interpretazione dei mostri che mi immaginavo e immagino ancora, e son sempre un po’ animaleschi.  

LA PITTURA SECONDO DARIA DMYTRENKO 

Come capisci se il colore che stai usando è quello giusto?  
Il colore cerco di impostarlo da subito, dipende spesso dallo stato d’animo di quel giorno, ma posso sempre cambiarlo. Se torno in studio e non mi rispecchia, cambio tutto, anche se cerco sempre di mantenere il colore deciso inizialmente. Preferisco non essere di fretta e pensarci bene. 

Ti è mai successo di sognare un tuo dipinto?  
Sognare un mio dipinto no, ma mi capita di sognare workshop anche con dei miei colleghi oppure sogno gli ambienti dei miei dipinti, scuri, rocciosi con queste foreste che rimangono sempre un po’ misteriose.  

Attraverso la tua arte sei riuscita a comprendere qualcosa di cui prima non eri consapevole?  
Sì, non pensavo che la mia infanzia e il mio background mi avessero segnata così tanto. L’ho notato attraverso la mia pittura, vedo che tornano spesso elementi della mitologia slava, creature che vivono in quei luoghi, superstizioni che si tramandano di generazione in generazione ed erano raccontate anche a me da piccola. Io ero spaventata e chiedevo come fossero questi mostri.  

Come scegli i titoli delle tue opere?  
Dipende, a volte il titolo mi viene subito in mente mentre dipingo, osservando le opere, come è accaduto con Maculata oppure con Melancholy Valley. Le ho guardate e mi è stato chiaro da subito. In altri casi, concluso il lavoro, osservo le opere e ci rifletto su, ma non mi sforzo mai di trovare un titolo, voglio che sia naturale e che rimanga un po’ vago. Se lo devo forzare troppo, vuol dire che l’opera non ha bisogno di un titolo.  

Come immagini l’evoluzione della tua arte in futuro?  
Sicuramente lavorerò sempre con il subconscio, con delle figure un po’ antropomorfe o animalesche, dipenderà sempre da come mi sentirò. So che la tecnica a olio è la mia, non la cambierei, spero però di avere la possibilità di lavorare con altri materiali, ad esempio vorrei creare un affresco, oppure spero di sperimentare con supporti di maggiori dimensioni. 

Sofia Battistelli   

https://www.instagram.com/dmydaria/

  • Golden Avian (2024) by Daria Dmytrenko, oil on board, 35 by 45 cm. Courtesy of the artist.
  • River Bank Night Scene (2024) by Daria Dmytrenko, oil on canvas, 160 by 120 cm. Courtesy of the artist.
  • Swamp Bottom (2024) by Daria Dmytrenko, oil on canvas, 36 by 31 cm. Courtesy of the artist.
  • Timid Grey Creature (2024) by Daria Dmytrenko, oil on board, 32 by 24 cm. Courtesy of the artist.