Celebrare il dubbio. La mostra di Aleksander Velišček a Venezia

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“Celebrare il dubbio” è il titolo del sesto appuntamento della serie di mostre settimanali “I Pilastri” curata dalla Fondazione Malutta a Venezia presso lo spazio Joystick. Un format che rivela lo spirito ironico e anticonvenzionale del collettivo e che invita a mettere in discussione le nostre credenze sull’arte. 

Si chiama I Pilastri il nuovo ciclo di esposizioni settimanali ideato dalla Fondazione Malutta, collettivo artistico multidisciplinare con sede a Venezia, nato nel 2013 per volere di un gruppo di pittori provenienti dall’Accademia di Belle Arti della città. Il collettivo è composto da oltre trenta artisti, con background culturali, geografici, linguistici ed esperienziali eterogenei, favorendo così la sperimentazione e la varietà.  
Il format è un’evoluzione della serie Personalini, lanciata nel 2016. Quest’ultima ha dato spazio ai lavori dei membri del collettivo, permettendo di condividere le loro ricerche artistiche individuali. 

L’ARTE DI ALEKSANDER VELIŠČEK 

Giovedì 6 febbraio 2025, è stata inaugurata la personale di Aleksander Velišček presso lo spazio Joystick a Venezia, la sesta delle otto mostre settimanali incluse nella rassegna.  
Aleksander Velišček, nato nel 1982 a Šempeter pri Gorici, vive e lavora tra Nova Gorica e Milano. Laureato in Pittura e Arti Visive all’Accademia di Belle Arti di Venezia, ha ottenuto numerosi riconoscimenti. Nel 2016 ha partecipato alla Biennale di Architettura nel Padiglione albanese, ha svolto residenze presso la Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia e la Cité Internationale des Arts di Parigi. La sua pratica invita lo spettatore a riflettere criticamente sulla propria visione del mondo, suscitando dubbio e incertezza. 

ALEKSANDER VELIŠČEK IN MOSTRA A VENEZIA 

L’opera To ni to, kar vidim! (Stigmate di San Francesco di Jan Van Eyck), esposta nella personale veneziana, pone di fronte a un paradosso che ci costringe a riconsiderare il nostro modo di percepire l’arte. L’immagine svela il suo inganno: i buchi non sono buchi, la tela non è altro che una replica. Attraverso la copia dell’opera fiamminga, Velišček mette in discussione lo statuto dell’arte come mera rappresentazione del reale. L’opera non è mai un’entità a sé stante, ma è sempre qualcos’altro: un sentimento, un’idea politica, una narrazione, una fantasia. In questo caso, l’obiettivo dell’artista è mostrarci esattamente ciò che l’opera è, spingendoci a ragionare su cosa sia un dipinto, su cosa abbia valore, su ciò che è vero e ciò che è falso. 
“Questo non è ciò che vedo!”, la frase pronunciata dal primo visitatore della mostra di Velišček alla galleria Meduza a Koper, per l’artista riflette in pieno il paradosso su cui la sua stessa pratica si basa. Nella serie di opere in mostra, ai soggetti dipinti, ispirati a grandi nomi della pittura, si mescolano, in una relazione bizzarra, alcuni testi scritti, dal carattere ironico, capaci di creare un linguaggio ibrido e destabilizzare lo spettatore. Ciò che vediamo si intreccia con il concetto, dando vita a nuovi livelli di lettura. L’intento non è fornire risposte definitive, ma stimolare il pensiero critico e aprirci al dubbio. 

Paola Caudullo 

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